giovedì 10 aprile 2008

Compito 6

Alla lezione abbiamo assistito tutti, anche se così non fosse basta leggere un qualunque altro blog per capire di cosa si tratta, quindi non mi perderò in introduzioni verbose.

Il poco che so su Don Milani viene dal mio professore di Filosofia del liceo, sentirne parlare me lo ha ricordato intensamente (già per questo ne è valsa la pena)… non mi azzardo a fare nessun paragone, anzi credo che nel bene e nel male il paragone sia del tutto improponibile, tuttavia posso dire di aver vissuto sulla mia pelle cosa voglia dire un’esperienza di insegnamento diverso, alternativo, fuori dai “protocolli”(come li ha chiamati qualcuno). Succedeva più o meno questo: la Filosofia mi veniva spiegata, dopodiché mi era richiesto di studiarla, infine venivo interrogato. Questo non è uno “schema”, ma è una procedura indispensabile senza la quale non c’è insegnamento degno di chiamarsi tale, di filosofia come di qualunque altra materia.
Allora cosa c’era di diverso tra noi e il nostro professore? Non facevamo lezione in giardino, non ci rollavamo canne a vicenda, non facevamo dissertazioni da sala d’aspetto. Facevamo l’ora di Filosofia. Eppure tra classe e professore c’era ( e c’è) un rapporto che non è mai esistito con altri insegnanti, c’erano stima e rispetto reciproci, una vicendevole curiosità, una confidenza tanto intima quanto silenziosa e mai grossolana o fuori luogo. Tutto ciò nulla toglieva allo studio e all’impegno, anzi elevava la qualità generale e moltiplicava l’interesse per la materia.
Credo che un atteggiamento del genere possa valere tanto per la didattica quanto per la professione, in particolare parlando dei medici/clown.
Quando si sente la parola “alternativo” si pensa spesso a qualcosa di qualità inferiore, ad una scusa per trovare una scappatoia al metodo più difficile ma efficace, accademicamente ed universalmente riconosciuto.
Ma se la differenza tra “standard” e “alternativo” sta soltanto nella qualità di un rapporto umano, se un medico preparato ha voglia di mettersi in gioco e di vestirsi da clown per far sorridere i bambini in corsia, che male può fare? Perché non incoraggiarlo?
E’ chiaro che il primo dovere del medico è sapere ciò che fa e farlo bene. Deve curare la gente nel migliore dei modi, questo gli è tassativamente richiesto. Il resto è un di più, se lui è un robot senza sentimenti poco importa, se lo fa solo per soldi pazienza. L’efficienza è tutto ciò che gli serve.
Ma se c’è qualcuno che ha voglia di dare ancora un altro po’ di sé stesso, che non è ancora abbastanza stanco e disgustato dalla vita, che anzi spera ancora di migliorare anche solo un po’ la sua e quella degli altri, perché non incoraggiarlo?
Ben venga “Castellinaria”, andate avanti così, siete forti.

P.s. Io non ho seguito il corteo e nemmeno mi sento adatto ad essere ora né mai un clown di “Castellinaria”. Tuttavia tacciarmi di ipocrisia per questo sentito incoraggiamento sarebbe come minimo rigidità mentale

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